LE GELATE SUI GIOVANI GERMOGLI PRIMAVERILI

I fattori predisponenti l’azione dannosa del freddo sul vigneto sono molteplici:

1) Biotipo: a livello di specie, le viti europee sono sensibili, mentre più resistenti appaiono le viti americane. Altre differenze, seppur di minor entità, si possono rilevare tra i vitigni.

2) Vigoria più o meno prosperosa della vegetazione: le viti che manifestano una imperfetta lignificazione dei tralci a seguito di sofferenze trascorse imputabili all’età, ai danni da grandine, ai geli primaverili, alla clorosi ferrica da calcare, ecc… sono le più esposte all’azione del freddo.

3) Quantità di acqua contenuta nei tessuti: le viti piantate in luoghi bassi ed umidi, i tralci delle gettate di innesto del 1 anno, i tralci in posizione verticale; le viti concimate lautamente e con vegetazione rigogliosa, quelle irrigate costituiscono tutti casi di maggiore sensibilità.

4) Condizioni per la disidratazione: quando ad un periodo siccitoso succede un inverno altrettanto asciutto freddo, i terreni leggeri e lavorati in autunno sono soggetti alla penetrazione del gelo e l’acqua ivi contenuta non risulta così più disponibile.

5) Epoca in cui agisce il freddo: quanto più ci si avvia verso la fine dell’inverno e si rende prossimo il risveglio vegetativo, tanto meno la vite è protetta all’azione del gelo.

6) Durata del freddo: maggiore è la durata e tanto più estesi ed irreversibili sono i danni.

7) Alternanza tra gelo e disgelo: questa particolare condizione appare via via sempre più dannosa avvicinandosi al risveglio vegetativo; ad essa fu in passato attribuita la massima moria di viti.

8) La natura del terreno: I suoli argillosi, umidi e compatti risultano quelli più esposti all’azione del gelo negli inverni con accentuata alternanza di temperature.

9) La mancanza della neve: il manto nevoso rende il vigneto meno predisposto ai danni del gelo.”

L’aria, soprattutto quella prossima al suolo, con il tramonto del sole e quindi con il conseguente raffreddamento, si arricchisce di particelle acquose.

Non è comunque questa la sola fonte di umidità notturna.

Anche il terreno, raffreddandosi, produce vapore acqueo, sebbene in quantità inferiore rispetto a quello che si condensa nell’atmosfera a contatto delle viti. I vegetali in genere, poi, si coprono da loro stessi di un velo di umidità sulle parti verdi. Ciò avviene a seguito del fatto che, al calare della notte, la traspirazione diminuisce con maggior gradualità rispetto all’abbassamento della temperatura. Il vapore acqueo presente nei primi strati dell’atmosfera è così superiore nelle ore notturne.

Con la riduzione della temperatura, la conversione allo stato liquido avviene facilmente.

L’ulteriore passaggio allo stato solido si verifica in misura diversa in relazione alla temperatura del corpo stesso che si sta ricoprendo di brina. Le piante si rivestono di minuscole formazioni di ghiaccio in quanto perdono il calore acquisito durante il giorno e la loro temperatura tende a equilibrarsi con quella degli strati superiori dell’atmosfera.

Anche se la temperatura del suolo fosse superiore agli 0°C, essa non costituirebbe un limite per l’irradiazione notturna e si potrebbero verificare casi di congelamento, ad esempio delle gemme, la gelata asciutta.

I corpi solidi infatti tendono a raffreddarsi in misura maggiore dell’aria in cui sono immersi a causa della maggiore irradiazione. Quando pertanto sussistono contemporaneamente le condizioni climatiche e colturali possono verificarsi danni anche molto diversi. Naturalmente le aree più colpite nella generalità dei casi risultano quelle site nei fondivalle o quelle percorse da correnti fredde (e quindi meno vocate alla viticoltura).

Nella stagione primaverile si possono riscontrare due tipi di danneggiamenti: la “brina” e la “gelata secca” a cui corrispondono quelle che i Francesi chiamano “gelate bianche” e “gelate nere“.

Tra le due la meno pericolosa è la brina, perché potrebbe manifestarsi come una lievissima nevicata e pertanto, se il disgelo avvenisse poi gradualmente, non essere causa di danni tali da compromettere il futuro del germoglio o del grappolino.

Conseguenze diverse hanno le gelate asciutte o secche che si verificano con l’abbassamento di temperatura a livelli marcatamente al di sotto degli 0°C, e contemporaneamente con l’assenza di umidità nell’aria. Il perdurare di queste condizioni può determinare infatti il congelamento vero e proprio della vegetazione che, con il successivo rialzo termico, non sarà più funzionale, per cui si verificherà l’afflosciamento e l’annerimento dei germogli (da cui il nome di “gelate nere”). La comparsa dei sintomi avviene quasi subito con il ristabilirsi della temperatura a livelli superiori, e quindi, nelle successive ventiquattro ore, si notano già le iniziali perdite di turgore ed alessamenti.

Edoardo Monticelli

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