L’azoto nell’ambiente

Considerando l’intera quantità di azoto presente nell’ambiente, circa l’80% è presente nell’atmosfera come riserva fondamentale di questo elemento. La restante parte è quella che appartiene al terreno, di cui la quasi totalità facente parte della sostanza organica in demolizione. L’humus rappresenta la sostanza che ne accumula in maggiore quantità.

Le piante possono beneficiare interamente dell’azoto del terreno, sebbene per la loro nutrizione esse utilizzino esclusivamente l’azoto nitrico che, del totale organico, è proprio una piccola quantità. Nel suolo, infatti, sono presenti varie formulazioni che, attraverso l’azione combinata di microrganismi, si trasformano, fino a giungere alla tappa finale di quella utilizzabile dai vegetali. La totalità dell’azoto presente diviene così una riserva, da cui con parsimonia sono progressivamente cedute quantità a disposizione per il nutrimento delle piante.

Il ciclo dell’azoto nell’ambiente è molto complesso e ad esso concorrono tutti i viventi del luogo.

Gli esseri viventi si approvvigionano di questo elemento acquisendolo con la nutrizione a spese di altri organismi, in taluni casi vivi e in altri morti in fase di degradazione. Sono pochi gli esseri capaci di fruire dell’abbondante riserva dell’atmosfera per convertirla in azoto organico.

L’azoto atmosferico deve pertanto essere convertito in composti più complessi attraverso un processo detto “fissazione”.

Una certa parte, entra a far parte del suolo tramite fenomeni quali scariche elettriche, eruzioni vulcaniche, incendi. Tramite questi eventi, si formano composti semplici nell’aria che, attraverso la pioggia, giungono al suolo. Questa quantità, pur da considerare, è comunque una parte minore del totale. Quella di maggior rilievo avviene ad opera dei microrganismi del terreno. Le differenti popolazioni di questi esseri capaci di acquisire questo elemento dall’aria possono ripartirsi in due gruppi: quelli che vivono individualmente nel sottosuolo senza particolari rapporti con altri organismi (fissatori diretti) e quelli che necessitano per la loro biologia di condividere con le piante attraverso rapporti di simbiosi per la reciproca utilità (fissatori indiretti).

I fissatori diretti necessitano di particolari condizioni per svolgere il loro compito, quale per esempio i suoli non acidi, richiedono poi disponibilità di elementi minerali tra cui potassio, fosforo e calcio e infine zuccheri da cui trarre l’energia.

Troppe condizioni che rendono la loro opera esigua nella maggior parte dei casi. I fissatori indiretti, invece, sono accomunati alla biologia delle piante e, in maggiore quantità delle leguminose.

La quantità fissata da questi microrganismi può essere notevole. Si stima, infatti, che in un prato di leguminose foraggere di circa un ettaro, possano accumularsi in un anno fino a 300 kg di azoto atmosferico. Di questa grande quantità un 50% circa è subito utilizzato dalle piante, mentre la restante parte viene liberata nel suolo più gradualmente, in quanto componente degli organismi.

Attraverso l’opera di altri organismi, l’azoto contenuto nelle materie organiche viene trasformato in azoto ammoniacale. È questo il primo passaggio della trasformazione microbica, per giungere poi alla fase ultima cui l’elemento diventerà interamente disponibile. Essendo questa un’opera a carico di organismi, sono varie le condizioni ambientali ipogee che ne possono accelerare o rallentare il decorso. Tra queste, si accenna alla qualità della materia organica da cui si trae l’azoto, la presenza nel terreno di adeguate popolazioni microbiche, la temperatura, il pH, l’umidità e l’aerazione.

Compaiono ora come attori dei microrganismi differenti da quelli che li hanno preceduti. Essi, attraverso reazioni di ossidazione trasformano ancora l’azoto ammoniacale in nitrico, rendendolo quindi pienamente disponibile alle piante.

Anche questo processo richiede pertanto condizioni dell’ambiente sotterraneo particolari. Questi batteri vivono preferenzialmente negli strati superficiali più ossigenati. Importante a questo punto la considerazione sull’importanza di una gestione del soprasuolo il più naturale possibile. Questi organismi, poi, soffrono l’aridità e la temperatura. La loro azione è quindi variabile a seconda del tipo di terreno e, preferenzialmente, si concentra nelle stagioni primaverile e autunnale.

Il pH ottimale è da neutro a basico. Ha ancora importanza il tipo di copertura vegetale. Dove abbondano le leguminose, i batteri nitrificanti compaiono in maggior numero nell’ambito della rizosfera di esse. La gestione della cotica spontanea, inserendo eventualmente una leguminosa come il trifoglio bianco può essere una buona soluzione.

Tutto quanto avviene in natura segue una ciclicità. Le sostanze si trasformano, assolvono specifiche funzioni, per poi ritornare allo stato iniziale. Così è anche per l’azoto. Ulteriori schiere di microrganismi ancora differenti operano il processo della trasformazione dell’azoto nitrico all’azoto libero che viene restituito all’atmosfera. Anche in questo caso, essendo il tutto a carico di microrganismi, sono necessarie particolari condizioni di ambiente che, al di là delle caratteristiche proprie del terreno, fanno riferimento agli equilibri fisici e biologici che dovrebbero essere sempre tutelati con le pratiche della coltivazione.

Edoardo Monticelli

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