LA SABBIA DEL TERRENO

Il terreno rappresenta il luogo dove le piante, attraverso gli apparati radicali, traggono elementi nutritivi, acqua e ossigeno.

Mantenere le condizioni fisiche e chimiche del terreno in modo inalterato nel tempo è pertanto una condizione fondamentale di benessere per il vigneto.

L’inerbimento è l’opera di gestione del suolo più facile da praticare e forse quella che garantisce meglio la stabilità nel tempo. Essa non è tuttavia sempre opportuna o facilmente praticabile. Ne deriva la necessità delle lavorazioni con le incertezze che ne possono conseguire.

La conoscenza del suolo acquisisce così particolare importanza.

Tra i costituenti fisici del suolo, la presenza della sabbia è un fattore importante al fine di rendere più o meno valevoli le lavorazioni sotto il profilo strutturale del volume di terreno.

Seguono pertanto alcune valutazioni sui componenti granulometrici e sul loro comportamento fisico nei confronti dell’acqua e dell’aria contenute nei suoli.

Esaminando l’analisi della granulometria di un suolo, le frazioni delle varie classi di diametro di particelle si possono considerare equivalenti come importanza. Viene pertanto quasi automatico pensare che un paritario rapporto quantitativo fornisca le condizioni migliori di fertilità, ma non è certamente così.

Le variabili da considerare sono numerosissime. Ancor di più, sono le differenti funzioni che sabbia, limo e argilla conferiscono separatamente all’impasto del terreno.

Nel definire la fertilità, probabilmente è più opportuno riferirsi alle funzioni, piuttosto che ai componenti.

Nei milioni di anni trascorsi, si sono costituite stratificazioni di differente spessore e compattezza, cementificate nel tempo fino a divenire elementi rocciosi. In queste formazioni, la sabbia è preponderante.

Equilibrio tra i componenti fisici del terreno

La condizione fondamentale è che il rapporto ideale tra le frazioni solida, liquida e gassosa costituenti il “terreno ambiente”, sia mantenuto più costante possibile. La prima non è ovviamente soggetta a mutamenti, mentre le restanti si contendono il volume degli spazi vuoti (porosità). Detto volume può essere così occupato in gran parte dall’aria quando il suolo è arido, oppure dall’acqua quando si è giunti alla saturazione e subentra uno stato di asfissia per le piante. Non si esclude la possibilità, anche nel migliore dei terreni, che vi possano essere periodi in cui le condizioni estreme non siano di favore alla vita.

La qualità del suolo, tuttavia, è che questi momenti difficili, condizionati dall’andamento climatico, siano più brevi possibili. In entrambe le situazioni estreme, le piante sono in sofferenza. Il patimento se prolungato, pur se originato da circostanze differenti, diviene simile per gli effetti. Si traduce, infatti, nella limitata funzionalità dell’apparato radicale. L’apparato radicale necessita di avere sempre a disposizione opportune quantità di acqua e di ossigeno.

L’eccesso di un elemento determina, pertanto, la riduzione dell’altro, con conseguenze simili in entrambe le circostanze.

In tutto questo, i vari componenti granulometrici assolvono funzioni differenti, che possono sortire in una sinergia positiva, se ben dosati gli uni rispetto agli altri. Il loro amalgama, in ogni modo, delinea la tipicità fisica e di funzionalità del terreno.

La sabbia

La sabbia è la frazione solida le cui particelle hanno maggiore dimensione. Tale particolarità fa sì che essa non abbia una struttura propria, vale a dire una qualche geometria di disposizione delle proprie particelle tale da renderla un unico corpo, come invece accade per l’argilla. Lo stato di disgregazione della sabbia costituisce una caratteristica positiva del terreno, in particolare quando è presente contemporaneamente una buona quantità di argilla. L’eccesso di sabbia, per contro, è molto negativo, in quanto l’indeformabilità della massa e la mancata formazione di capillari, rende difficile la perdita di acqua per evaporazione. Se nel sottosuolo vi fosse per esempio una stratificazione impermeabile, si formerebbero certamente condizioni asfittiche per lunghi periodi. La contemporanea presenza dei due elementi compensa i reciproci aspetti negativi, valorizzandone quelli buoni.

Per meglio intendere il contributo utile della sabbia, è bene porre a confronto i due estremi granulometrici: sabbia e argilla.

La sabbia è contraddistinta da un’elevata macroporosità. L’acqua piovana, in essa, percola verso gli strati più profondi e riesce quindi a costituire un certo accumulo. Difficilmente avviene l’impermeabilizzazione dello strato superficiale del suolo e quindi il conseguente ruscellamento con effetti erosivi. Può accadere, in casi di particolare violenza della precipitazione, che la velocità di infiltrazione (percolazione) non sia sufficiente a smaltire l’arrivo dell’acqua. È il caso di certi temporali estivi particolarmente violenti. In altre condizioni, la penetrazione verso gli strati più profondi avviene gradualmente, senza che sia modificata la disposizione geometrica delle particelle. La dimensione degli spazi occupabili dall’acqua o dall’aria non muta. Terminata la pioggia, la superficie del terreno è nuovamente percorribile. A seguito della facilità con cui avviene la percolazione, la quantità di acqua trattenuta è veramente irrisoria ed è possibile incorrere in casi di carenza idrica nei periodi estivi. In conclusione, pertanto, i suoli sabbiosi si possono descrivere con due differenti tipologie. Quando lo strato è superficiale, vi è pendenza e non è presente una stratificazione impermeabile sottostante, prevale l’abbondanza di ossigeno, a discapito della disponibilità idrica. Il suolo è stabile come struttura e gli effetti erosivi sono molto limitati. Quando invece il suolo è in fondovalle, e ancor di più se lo strato superficiale sabbioso avesse un certo spessore, gli accumuli di acqua potrebbero essere frequenti e localizzati proprio a quello strato. Permane la condizione asfittica per lungo tempo. Le variazioni di temperatura atmosferica sono trasmesse al sottosuolo lentamente e, nella migliore delle ipotesi, si rileva un ritardo fenologico.

L’argilla

Il terreno argilloso, formato per contro da particelle finissime, ha una capacità di ritenzione idrica elevata in ogni condizione di giacitura. La percolazione è tuttavia stentata per la macroporosità molto ridotta; vale a dire la discesa in profondità dell’acqua a seguito della forza di gravità. Questo fenomeno avviene in modo particolare nei suoli sabbiosi, dove la macroporosità è abbondante. Dove gli spazi vuoti sono invece molto piccoli, sebbene assai più numerosi, si instaurano forze particolari tra il velo liquido e la parte solida tali da competere con la gravità stessa. La riserva idrica si costituisce pertanto a seguito di periodi piovosi lunghi, quando l’intensità delle precipitazioni non è eccessiva. Differentemente, il primo strato superficiale si satura facilmente e l’acqua incomincia a scorrervi sopra erodendolo. Il suolo argilloso è poi particolare, in quanto è plastico, quindi reagisce agli eventi atmosferici come massa e non come singole particelle. Esso si gonfia, si ritrae evidenziando una crepacciabilità anche accentuata, forma soluzioni di continuità per la risalita dell’acqua verso la superficie (capillari). Il suolo troppo riccamente dotato di argilla è tuttavia meno ospitale per le piante rispetto a quello sabbioso, in quanto le differenze dell’ambiente ipogeo variano notevolmente al crescere anche minimo della profondità.

Edoardo Monticelli

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