LA POTATURA INVERNALE – SISTEMA GUYOT

La potatura invernale della vite è forse l’opera più professionale che la tecnica viticola richiede al viticoltore; dalle sue scelte, infatti, dipende il futuro sviluppo della pianta.

Nella forma di allevamento Guyot, sono pochi gli elementi finali, quali risultato dell’opera di potatura: il fusto o ceppo, lo sperone e il capo a frutto.

Ognuno di essi è ovviamente fondamentale poiché unico e strategico.

Il ceppo

Il ceppo rappresenta la quasi totalità della massa legnosa. In ogni pianta arborea, questa parte è basilare per l’equilibrio fisiologico dell’organismo. Rispetto agli altri costituenti, chioma e apparato radicale, ha la peculiarità di non potersi ricostituire. Ogni menomazione corrisponde ad una riduzione dell’intera massa.

Con lo sviluppo di nuove ramificazioni secondarie esso conserverà la sua funzionalità, ma mai equivalente alla condizione precedente. La strategia fondamentale della potatura di questa forma di allevamento consiste proprio nel conservare, per quanto possibile, la massa legnosa nelle migliori condizioni di dimensione e di sanità.

Lo sperone

La scelta dello sperone rappresenta un elemento importante, quasi strategico, forse l’operazione più importante in assoluto, dalla quale dipende non solo la qualità futura della singola pianta ma anche dell’intero vigneto valutata come uniformità tra i numerosi ceppi presenti. A questo riguardo, è interessante sottolineare come le tecniche adottate e ripetute con le potature di ogni anno selezionino progressivamente i caratteri delle singole viti.

Uniformare dette tecniche secondo logiche razionali significa, pertanto, tutelare l’omogeneità dell’intero vigneto.

Lo sperone è una modesta porzione di tralcio dell’anno, di due – tre gemme, di lunghezza di circa 10 cm. Dai germogli che si svilupperanno nella stagione, si otterranno le nuove strutture per l’annata successiva. Il futuro della pianta è pertanto il nuovo sperone. Immediatamente al di sopra di esso vi sarà il taglio di ritorno, necessario per mantenere la pianta nelle dimensioni concesse dal vigneto. Attraverso questa parte di tralcio passerà quindi l’intero flusso linfatico che approvvigionerà l’intera futura massa vegetativa. I getti che da esso si svilupperanno costituiranno la premessa dell’attività produttiva successiva a quella in corso. Per queste ragioni, i germogli che si originano dallo sperone devono svilupparsi in modo adeguato, senza tuttavia interferire con la vegetazione del capo a frutto a cui è demandata la produzione dell’anno.

Nell’ambito dell’intera opera di potatura, la scelta dello sperone diviene così l’operazione più delicata. Esso deve essere ottenuto con l’accorciamento di un tralcio dotato di buon vigore, collocato al di sotto del nuovo capo a frutto. La sua lunghezza dovrà comprendere la presenza di tre gemme: quella basale, quella del primo meritallo corto, quella del successivo primo meritallo lungo.

La collocazione più bassa rispetto al capo a frutto assicura, inoltre, un buon vigore ai germogli che da esso si svilupperanno, senza che insorgano competizioni di accrescimento con quelli provenienti dal tralcio fruttifero. Di basilare importanza è il rispetto della gerarchia rameale, vale a dire che quanto selezionato per l’avvenire provenga da formazioni legnose immediatamente antecedenti, in ogni modo non superiori ai tre anni di età.

I tagli di ritorno sul ceppo

Accade non di rado nei vecchi vigneti che si operino tagli di riduzione consistente dei ceppi, al fine di riabbassare la pianta, avendo a disposizione un promettente germoglio che diparte dalla massa legnosa. Per questa difficile valutazione bisogna ancora te

nere conto che il tralcio selezionato sia inserito sul legno integro, lontano dai passati tagli di potatura che, determinando zone devitalizzate profonde, possono compromettere i risultati dello sperone stesso.

Dai vecchi tagli, infatti, nell’ambito del nuovo tessuto che da essi si origina, si formano normalmente molti apici gemmari da cui si evolveranno ulteriori germogli che sovente il viticoltore è tentato a scegliere per il loro buon vigore. La loro affidabilità non è piena, sia per la loro resistenza meccanica, limitata in quanto si originano in prossimità di una parte morta, sia per la vigoria futura. È infatti opportuno considerare che attraverso queste parti dovrà garantirsi l’efficienza fisiologica di una massa di vegetazione futura ben superiore rispetto a quella dell’unico getto prescelto, seppur esso manifestasse ottima vigoria. Se possibile quindi è da preferire la scelta dello sperone fruendo di getti provenienti direttamente da parti sane del ceppo, originatisi quindi solo da gemme latenti. Questi sono però molto più rari. Ancor di più, pertanto, si evidenzia l’importanza della formazione del nuovo sperone proveniente da quello vecchio, rispettando così la corretta gerarchia delle ramificazioni e ricorrendo il meno possibile ad amputazioni della massa legnosa. Pur se di tanto in tanto necessarie, riducendone il numero nel corso dell’intera vita delle piante, si aumenta la longevità del vigneto e la sua qualità produttiva.

Rimane quindi la scelta del capo a frutto, vale a dire quel tralcio destinato a fornire l’intera massa vegetativa e produttiva dell’annata in corso.

Il capo a frutto

Sovente il viticoltore pone le maggiori attenzioni per questa struttura che, pur se importante, non è da dimenticare che la sua durata è solo di un anno.

Oltre l’aspetto della sua capacità produttiva nella stagione successiva, ad esso è anche demandata la potenzialità vegetativa, quindi in parte il vigore, della prossima parte epigea

Da quest’ultima, la vite trae informazioni fisiologiche che trasmetterà alla successiva annata: vigore, differenziazione delle gemme miste. Tra questi due aspetti, da privilegiare è sempre il vigore che costituisce la vitalità presente e futura delle piante.

Certamente, gli accorgimenti di scelta del capo a frutto dovranno tenere conto anche della condizione del vigneto in generale. Se per esempio il vigneto fosse in uno stato di vecchiaia evidente, meglio sarebbe concentrare l’attenzione sulla conservazione della vigoria dei germogli, ancor più che sulla produzione. Meno importante è in un vigneto in equilibrio fisiologico e in piena attività produttiva.

Edoardo Monticelli

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