La Fillossera della vite

Segnalazione di attacchi sulla vite europea

In Piemonte, la rilevazione di questa presenza è abbastanza frequente, poiché ogni anno, avendo la possibilità di visitare vigneti di più areali, prima o poi se ne riscopre la presenza. Talvolta, è stata rilevata in forma massiccia con danni notevoli alla vegetazione; in particolare in vicinanza agl’incolti di vigneti abbandonati da numerosi anni, dove le viti americane avevano preso il sopravvento ed esse stesse evidenziavano la presenza abbondante di galle.

In altri casi la diffusione nei vigneti è apparsa più estesa ma con un’incidenza nettamente inferiore, senza un’apparente causa che potesse favorire questo parassita.

Questi ultimi anni, le segnalazioni sono aumentate, benché sempre con manifestazioni di presenze, magari diffuse, ma non di particolare preoccupazione. Gli attacchi riguardano sempre la parte giovane del fogliame, quindi tendono a stabilizzarsi nella fascia superiore della spalliera.

Origini in Italia

La Fillossera della vite (Daktulosphaira vitifoliae Fitch 1851) fu segnalata in Italia per la prima volta nel 1879. È un afide di origine americana, molto particolare nella biologia in quanto presenta comportamenti differenti tra le specie americane e la vite europea.

La complessità del suo ciclo, da un lato, è fonte di nostre preoccupazioni per le difficoltà di contrastare questo parassita;

dall’altro, non può che stupire quale meraviglia della natura che opera con ogni risorsa al fine di diffondere e conservare le popolazioni delle specie animali e vegetali di cui si compone.

Diviene così opportuna una breve sintesi dalla sua biologia, al fine di ben comprendere la problematica che si è definita nell’ambito della viticoltura di un tempo, ma tutt’oggi non esaurita.

Il ciclo biologico sulla vite americana

Questo insetto trova nella vita americana la specie ideale per il completamento del suo ciclo.

L’avvio è con una generazione di individui di sessi distinti che si accoppiano originando un uovo atto a superare le condizioni stagionali sfavorevoli. Questo è deposto sul legno di qualche anno della vite. Con il sopraggiungere della primavera e quindi del germogliamento, l’individuo che nasce è detto fondatrice; inizialmente allo stato giovanile, ma ben presto acquisisce la condizione di deporre a sua volta uova. Raggiunte le tenere e nuove foglie, attraverso le sue punture si formano galle nella pagina inferiore, entro le quali sono deposte le uova della nuova generazione.

Da dette uova nasceranno femmine partenogenetiche, fondatrici quindi di generazioni successive senza l’intervento maschile. Un sistema riproduttivo singolare, ma che permette a questa specie di diffondersi assai rapidamente con un numero di individui in crescita esponenziale.

Si formano così più generazioni di “fondatrigenie partenogenetiche” che vivono sulla vegetazione e sono chiamate “neogallecole-gallecole”.

Tuttavia, alcune di esse mutano la loro morfologia, scendono nel sottosuolo, infestano le radici, si nutrono e riproducono.

Dalla generazione ipogea, a fine stagione si sviluppano le forme alate con sessi distinti pronte ad accoppiarsi e originare l’uovo durevole, deposto sulle parti legnose della vite.

Interessante considerare che questa è l’unica fase di completamento del ciclo, che avviene con l’origine di nuovi genotipi e la diffusione a distanza nell’ambiente.

Le precedenti generazioni non alate, infatti, non avevano possibilità di grandi spostamenti. Il ritmo incalzante di riproduzione partenogenetica faceva sì di colonizzare intensamente il luogo. Con gli accoppiamenti, tuttavia, non manca tuttavia l’opportunità di dispersione nell’ambiente e l’avvio di nuove colonie.

Il ciclo biologico sulla vite europea

L’evoluzione del ciclo nei nostri vigneti è differente. Sulla vegetazione non si trovano gli individui alati atti alla riproduzione sessuata. La presenza del parassita è nel terreno, entro cui si sviluppano colonie in più generazioni (neogallecole-radicicole), a danno degli apparati radicali.

È sufficiente un filo di ferro fine, con cui si effettua una legatura stretta ad anello sul fusto al di sopra del nodo dove ci si attendono i futuri germogli. Il ferro deve deformare lievemente lo strato corticale (Foto 3). L’operazione deve essere eseguita verso la fine dell’inverno, quando le viti iniziano ad essere in linfa, ma non è ancora avvenuto il rigonfiamento delle gemme.

Le numerose punture inducono la formazione di nodosità e tuberosità evidenti, tali da menomare la capacità di assimilazione della radice di vite europea fino alla sua morte. Gli apparati radicali di vite americana, invece, reagiscono differentemente e meglio tollerando l’azione dell’insetto. Da qui, è sorta la nuova pratica della costituzione di piante bimembre con l’innesto.

Notevole il pericolo per i vigneti così detti “franchi di piede”. Per questi, il tipo di terreno potrà essere fautore o limitatore dell’infestazione.

Ipotesi sui fattori responsabili della diffusione sulla vite europea

Un’ipotesi è la vicinanza di vigneti abbandonati con prevalenza di vegetazione americana. Le gallecole partenogenetiche hanno infatti la possibilità di essere trasportate casualmente dal vento o da altri vettori dalla vite americana a quella europea. Questa, più che un’ipotesi è un’attestazione:

gli attacchi alla vite europea in vicinanza degli abbandoni sono risultati di forte entità ma assai limitati come estensione e decrescenti dal punto presunto di inoculo verso l’interno dell’appezzamento. Non in tutti i casi, tuttavia si è riscontrato questo abbinamento. Altre cause probabilmente quindi concorrono.

Un’altra considerazione è la risalita eventuale di individui radicicoli sulla vite europea, a seguito di variazioni progressive dell’ambiente: clima, vigneto, condizione colturale. Non in tutti gli anni, infatti, vi sono le condizioni sugli apparati radicali affinché si formino le forme alate. In questi casi permangono le forme partenogenetiche. Non è pertanto da escludere che l’andamento climatico dell’inverno favorisca una particolare diffusione sulla vegetazione al germogliamento.

Negli ultimi anni, infine, più ricercatori si sono dedicati allo studio di questo problema, riscontrando una variazione del comportamento della Fillossera in relazione al tipo di ospite. In particolare, l’individuazione di un nuovo biotipo capace di danneggiare visibilmente la vegetazione europea.

In sintesi, sono numerose le cause che possono avere favorito la comparsa di questo insetto sulle foglie dei nostri vigneti. Il cambiamento delle strategie di difesa fitosanitaria, lo scarso controllo dei ricacci al piede delle piante sia gentili sia selvatici, il cambiamento climatico e, come accertato, mutazioni del parassita. Non si esclude neppure una maggiore sensibilità della vite europea ripetutamente selezionata con il miglioramento genetico.

Di primaria importanza, tuttavia, appare l’abbondante presenza di aree incolte in prossimità dei vigneti. Aree un tempo dedite alla viticoltura cui non è stato seguito l’espianto dei vecchi vigneti. La colonizzazione della vegetazione spontanea ha favorito lo sviluppo ulteriore delle viti americane precedentemente utilizzate quali portinnesti.

Edoardo Monticelli

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