IL RITORNO DEL GELO NEI VIGNETI

Il freddo può danneggiare le viti in modo vario ed in diversi momenti fenologici.

I fattori che hanno il potere di condizionare l’azione dannosa di questa componente del clima sul vigneto sono molteplici, in quanto articolati tra: le peculiarità climatiche dell’epoca stagionale, i caratteri del suolo e le tecniche colturali adottate, le resistenze dirette e quelle conseguenti alle abitudini comportamentali delle varietà in oggetto.

Così, fin dalle epoche più remote, il freddo è sempre stato fonte di preoccupazione da parte dei viticoltori.

Osservazioni nel passato

Si riporta a tale proposito un elenco dei principali fattori predisponenti ai danni che O. Ottavi e A. Marescalchi indicarono nel 1909.

1) Natura del vitigno: la maggiore diversità di resistenza si nota tra viti europee e viti americane; queste ultime risultano infatti più resistenti. Alcune differenze, seppur di minor entità, si possono comunque anche notare tra le cultivar europee.

2) Stato più o meno prosperoso della vegetazione: le viti che manifestano una imperfetta lignificazione dei tralci a seguito di sofferenze trascorse imputabili all’età, ai danni da grandine, ai geli primaverili, alla clorosi ferrica da calcare, ecc… sono le più esposte all’azione del freddo.

3) Quantità di acqua contenuta nei tessuti: resistono meno bene le viti piantate in luoghi bassi ed umidi, i tralci delle gettate di innesto di 1 anno, i tralci in posizione verticale; le viti concimate lautamente e a vegetazione rigogliosa; quelle irrigate.

4) Condizioni per la disidratazione: quando ad un periodo siccitoso succede un inverno altrettanto asciutto ed inoltre freddo, i terreni leggeri e lavorati in autunno sono soggetti alla penetrazione del gelo e l’acqua ivi contenuta non risulta così più disponibile. Non essendo quindi più possibile rifornire le parti epigee delle perdite subite per evaporazione, la pianta spesso muore per disseccamento.

5) Epoca in cui agisce il freddo: quanto più ci si avvia verso la fine dell’inverno e si rende prossimo il risveglio vegetativo, tanto meno la vite risulta protetta all’azione del gelo.

6) Durata del freddo: maggiore è la durata e tanto più estesi ed irreversibili risultano i danni.

7) Alternanza tra gelo e disgelo: questa particolare condizione appare via via sempre più dannosa avvicinandosi al risveglio vegetativo; ad essa fu in passato attribuita la massima moria di viti.

8) La natura del terreno: I suoli argillosi, umidi e compatti risultano quelli più esposti all’azione del gelo negli inverni con accentuata alternanza di temperature.

9) La mancanza della neve: il manto nevoso rende il vigneto meno predisposto ai danni del gelo.”

Analisi delle cause predisponenti

L’aria, soprattutto quella prossima al suolo, con il tramonto del sole e quindi con il conseguente raffreddamento, si arricchisce di particelle acquose.

A tal proposito, in passato sono state condotte più esperienze misurando il vapore acqueo depositato in un metro cubo di aria con variazioni diverse di temperatura tra il giorno e la notte.

Non è comunque questa la sola fonte di umidità notturna.

Anche il terreno, raffreddandosi, produce vapore acqueo, sebbene in quantità inferiore rispetto a quello che si condensa nell’atmosfera a contatto delle viti. I vegetali in genere, poi, si coprono da loro stessi di un velo di umidità sulle parti verdi. Ciò avviene a seguito del fatto che, al calare della notte, la traspirazione diminuisce con maggior gradualità rispetto all’abbassamento della temperatura. Il vapore acqueo presente nei primi strati dell’atmosfera risulta così assai superiore nelle ore notturne.

Con la riduzione della temperatura, la conversione allo stato liquido avviene facilmente.

L’ulteriore passaggio allo stato solido si verifica in misura diversa in relazione alla temperatura del corpo stesso che si sta ricoprendo di brina. Le piante si rivestono di minuscole formazioni di ghiaccio in quanto perdono il calore acquisito durante il giorno e tendono ad equilibrare la loro temperatura con quella degli strati superiori dell’atmosfera.

È infatti cosa nota che quando l’inverno è freddo, il livello termico delle piante è superiore a quello dell’aria e pertanto nelle notti serene e tranquille, il fenomeno dell’irradiazione è forte.

Anche se la temperatura del suolo fosse superiore agli 0°C, essa non costituirebbe un limite per l’irradiazione notturna e si potrebbero verificare casi di congelamento, ad esempio delle gemme (gelata asciutta).

I corpi solidi infatti tendono a raffreddarsi in misura maggiore dell’aria in cui sono immersi a causa della maggiore irradiazione. Un fenomeno che non deve essere confuso con la brina è la “galaverna”. Questa si forma quando una corrente di aria carica di umidità giunge dopo un freddo secco ed intenso; a contatto dei corpi solidi ed in particolare delle fronde degli alberi, l’umidità congela creando formazioni di ghiaccio anche notevoli.

Quando pertanto sussistono contemporaneamente le condizioni climatiche e colturali possono verificarsi danni anche assai diversi. Naturalmente le aree più colpite nella generalità dei casi risultano quelle site nei fondivalle o quelle percorse da correnti fredde (e quindi meno vocate alla viticoltura).

Gelate nere e gelate bianche

Nella stagione primaverile si possono riscontrare due tipi di danneggiamenti: la “brina” e la “gelata secca” a cui corrispondono quelle che i Francesi chiamano “gelate bianche” e “gelate nere”.

Tra le due la meno pericolosa è la brinata, perchè potrebbe risultare soltanto come una lievissima nevicata e pertanto, se il disgelo avvenisse poi gradualmente, non essere causa di danni tali da compromettere il futuro del germoglio o del grappolino.

Conseguenze diverse hanno le gelate asciutte o secche che si verificano con l’abbassamento di temperatura a livelli marcatamente al di sotto degli 0°C, e contemporaneamente con l’assenza di umidità nell’aria. Il perdurare di queste condizioni può determinare infatti il congelamento vero e proprio della vegetazione che, con il successivo rialzo termico, risulterà non più funzionale, per cui si potranno verificare sia l’afflosciamento che l’annerimento dei germogli (da cui il nome di “gelate nere”).

La comparsa dei sintomi avviene quasi subito con il ristabilizzarsi della temperatura e quindi, nelle successive ventiquattro ore, si notano già le iniziali perdite di turgore ed alessamenti.

I danni conseguenti all’azione della brina alternata a quella del gelo asciutto sono distinguibili in due ordini, riferiti a due diverse categorie di vigneti:

  1. a) vigneti in cui il germogliamento avviene precocemente grazie al tipo di vitigno, all’ubicazione in zone di medio colle, all’esposizione solatia ed all’età giovanile;
  2. b) vigneti caratterizzati da una ripresa vegetativa più tardiva.

Nell’ambito dei due raggruppamenti, la variabilità della temperatura solitamente determina poi ulteriori distinzioni.

Nelle aree più fredde, nelle situazioni di maggior precocità, vi può essere il totale disseccamento della vegetazione, mentre nelle altre tale evento può interessare solamente gli apici dei germogli o solo alcuni di essi e il danno è limitato a qualche grappolino fiorale.

Esaminando invece gli impianti con germogliamento più tardivo, nelle zone maggiormente esposte al gelo, si rileva con frequenza la morte pressoché totale di tutte le gemme che si trovavano in fase di apertura od appena schiuse. Per i vigneti siti invece in valli meno fredde, i danni possono essere di entità minore in quanto le gemme ancora sufficientemente chiuse sono riuscite a proteggere le parti verdi.

Dopo un periodo di circa quindici giorni, dove in precedenza sono stati rilevati disseccamenti estesi della vegetazione, si sviluppa la “sotto-gemma”; il capo a frutto normalmente si completa come vegetazione con circa un mese di ritardo.

In quei casi invece, in cui ha sofferto solamente l’apice del germoglio rimanendo apparentemente inalterata la restante parte inclusi i grappoli, la dominanza apicale è assunta da una femminella che nel frattempo si è prontamente sviluppata.

Una possibile ipotesi sulla successiva evoluzione, derivata dall’esperienza di più agricoltori, è il verificarsi della colatura fiorale nella successiva fase della fioritura.

Considerando i complessi e differenti equilibri ormonali, che condizionano il comportamento della pianta nel periodo del massimo accrescimento vegetativo e della fecondazione, si ritiene che tale evento si possa verificare, seppur sia comunque azzardato esprimersi su una probabile casistica di danno, in quanto i fattori che intervengono nel delicato momento della fioritura sono numerosi e vari.

Prevenzioni agronomiche

I vigneti appartenenti alla categoria più esposta ai danni, sia per le peculiarità di temperatura dell’area in cui si trovano che per i loro particolari caratteri, sono quelli dove, dopo una quindicina di giorni, i capi a frutto appaiono spogli e la scarsa vegetazione risulta distribuita irregolarmente sul tralcio e presenta anche delle anomalie di sviluppo.

Al fine di una razionale prevenzione da questi guai, l’elemento principale cui porre attenzione è sicuramente collocare preferenzialmente i vigneti nelle aree più vocate escludendo quelle dove il ristagno del freddo – quindi al di sotto dello strato di inversione termica – rendono dette aree predisposte alla ricorrenza di questi eventi.

Il germogliamento tardivo può essere perseguito tramite più fattori diversi quali la scelta di appositi vitigni, l’epoca stagionale avanzata della potatura secca, l’oculata concimazione chimica, per non accennare ad altre pratiche, quali il rinnovo delle ferite del taglio alla cima del capo a frutto finalizzato al prolungamento della fase del pianto, che non sempre possono risultare indicate in tutti i vigneti.

Sempre in riferimento alla maggiore o minore predisposizione ai danni, è stato constatato come i vigneti con suoli inerbiti siano maggiormente esposti all’azione dannosa del freddo. Questa affermazione, per essere generalizzata, dovrebbe basarsi su una più ampia casistica di esperienze, in quanto si potrebbero avere differenze di comportamento come conseguenza dell’interazione tra i molteplici fattori dell’ambiente pedoclimatico e dei caratteri del vigneto in oggetto.

Nelle aree, pertanto, in cui questi eventi calamitosi si ripetono con una certa regolarità, può risultare utile una verifica effettuata dallo stesso viticoltore con il fine di appurare nella realtà dei suoi vigneti le condizioni di maggiore resistenza.

Riesaminando infine tutte le situazioni fin qui descritte e le rispettive evoluzioni che ne sono conseguite per il recupero, da parte delle piante, del gradiente di vegetazione caratteristico dell’epoca stagionale, se ne può trarre un importante insegnamento. Qualora infatti, in futuro e in epoca primaverile, si verificasse nuovamente un’azione dannosa ad opera del freddo, sarebbe prudente, prima di intraprendere qualsiasi iniziativa di soccorso alle viti sofferenti, attendere la nuova ripresa vegetativa e valutare di conseguenza le migliori scelte da adottare.

Edoardo Monticelli

Gelata nera - fine aprile 2017Gelata nera - inizio aprile 2021

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