Il campionamento dell’uva pre vendemmia

La raccolta di campioni d’uva nel periodo subito antecedente la vendemmia permette di avere orientamenti sul decorso della maturazione e quindi di programmare le future operazioni.

La tecnica enologica si avvale, sempre più, di questo strumento, essendo la qualità dei vini conseguenza della composizione dell’uva, che si definisce quantitativamente e qualitativamente nell’ultimo periodo. La possibilità d’indagare preventivamente il decorso di maturazione permette, inoltre, di confrontare vigneti e territori differenti.

L’importanza di quest’operazione è quindi notevole. Il suo principale limite è tuttavia l’impossibilità di avere subito il riscontro dei valori ottenuti. Trattandosi, infatti, di determinazioni analitiche volte a valutare piccole variazioni quantitative di elementi (come avviene nel caso delle curve di maturazione), il difetto di raccolta dei campioni può non apparire. Così come l’entità degli errori commessi.

Il campionamento: i limiti del metodo

La massima attenzione deve essere quindi posta nel prelievo dei campioni. Tale fase è complessa siccome ha come obiettivo la massima rappresentatività della realtà produttiva del momento.

Sulla base di tutto questo, diviene evidente l’opportunità di distinguere le tecniche di campionamento in relazione alle caratteristiche dei vigneti.

Il metodo più diffuso è la raccolta casuale di 300-400 acini in tutto il vigneto. Se questa pratica è svolta correttamente, comporta un dispiego di tempo enorme, cui non molte realtà aziendali possono ottemperare. Il rischio quindi è di un lavoro frettoloso poco attinente alla realtà. Con una prima osservazione dell’impianto, si può rilevare la sua uniformità ed, eventualmente, i limiti o i rischi d’errore della fase successiva.

Le difformità si possono, infatti, rilevare tra le piante, tra i filari e addirittura tra le singole aree del vigneto. Tutto questo costituisce un carattere peculiare di molte realtà: in particolare i giovani vigneti dove le sistemazioni preliminari del suolo sono avvenute in modo grossolano, quelli il cui terreno è vario e, infine, quelli molto vecchi.

Non si è in grado di valutare in campo quanto percentualmente incida una difformità rispetto all’altra.

Le difformità tra i grappoli

Elemento di variazione tra i grappoli è di ordine fisiologico, presente, pertanto, ovunque, indipendentemente dalle caratteristiche del vigneto, ma legato allo loro posizione nella massa epigea della vite. Gli aspetti principali sono l’esposizione dei grappoli (a valle o a monte dei filari), la loro collocazione sui germogli (ai nodi di base o a quelli più elevati) e la loro distribuzione nell’ambito della pianta (maggiore produzione vicino al ceppo o in posizione distale). Questi aspetti variano in relazione al tipo d’impianto, alla varietà e all’annata. Devono essere considerati in modo adeguato, anche se non contraddistinguono i vigneti come i precedenti descritti.

Un ultimo elemento di difformità è nell’ambito delle singole infruttescenze. Gli acini hanno vari decorsi di maturazione a seguito di dove sono posti. E’ conoscenza comune che quelli nella parte alta dei grappoli siano più precoci. Tuttavia, i contenuti di zuccheri dei singoli acini di un racimolo proveniente da quella zona sono anch’essi vari. Altrettanto dicasi per gli acini raccolti all’estremità dei grappoli.

La differenza di maturazione tra la parte alta e quella bassa delle infruttescenze è rilevabile solo dalla media dei valori delle bacche di ogni parte (anche questo variabile tra i vitigni).

Il livello di variabilità tra gli acini dei grappoli non è, infine, costante in relazione alla posizione del grappolo stesso: le maggiori differenze si riscontrano confrontando i grappoli esposti al sole con quelli che si sono sviluppati tra le foglie.

Il campionamento dell’uva nel vigneto è così complesso, poiché in quella piccola raccolta di frutti è necessario che rimangano incluse le caratteristiche della produzione dell’anno, anche derivate dalle condizioni del vigneto.

Influenza dell’operatore

E’ scorretto pensare di raccogliere in vigneti differenti con le stesse regole.

Alcune considerazioni, tuttavia, possono essere comuni a tutte le situazioni.

  1. La ricerca di includere nel campione elementi di rappresentatività dell’intera produzione suggerisce di mettere a punto un metodo di raccolta che statisticamente includa tutte le variabilità produttive legate alla fisiologia della pianta e al sistema di allevamento.

La considerazione relativa alla presenza di eventuali ulteriori difformità, soprattutto imputabili al terreno, indurrà ad estendere il campionamento sulla superficie, in considerazione di tali variabilità.

Il primo punto richiede una tecnica di raccolta quasi di tipo matematico, in modo da considerare tutte le circostanze del filare sulla base della loro esatta incidenza percentuale sulla massa. Un campionamento casuale, pur abbondante, non offre tali garanzie. Gli operatori, infatti, in quest’ultimo tipo di raccolta si comportano nello stesso modo nei vari vigneti, confidando

che la quantità di prelievi puntiformi di acini possa ridurre gli errori. Pur essendo questo concetto statisticamente fondato, nel caso pratico del campionamento dei grappoli viene meno, poiché i livelli di variazione tra i frutti mutano ogni anno. Essendo innegabile l’influenza di una certa soggettività per ogni operatore, s’intuiscono i possibili errori che ne possono derivare.

Il campionamento dei racimoli

Il racimolo è la parte del grappolo derivante da una diramazione dell’asse del rachide. Il racimolo riunisce più acini ed è a sua volta portatore di variabilità di maturazione tra di essi.

L’ipotesi di lavoro, in questo caso, potrebbe essere, ad esempio, quella di definire a priori, nell’ambito di un vigneto o parte di esso, uno o più filari rappresentativi su cui effettuare i campionamenti.

Occorre poi una strategia di raccolta in quanto il racimolo esprime una variabilità nell’ambito del grappolo ma non tra i grappoli.

Al fine di ridurre  la variabilità tra le infruttescenze e consentire un lavoro veloce si raccolgono i racimoli posti solo nella zona mediana dei grappoli, valutandone preventivamente la quantità, al fine di comporre un campione di uva utile all’analisi.

Ciò definito, sono differenti le quantità da raccogliere a valle o a monte di filari a girapoggio:

  • esposizione a valle (50-70% della massa, in relazione alle caratteristiche del filare)

esposizione a monte (30-50% della massa, in relazione alle caratteristiche del filare).

I vantaggi

Definendo preventivamente le quantità e i modi di raccolta, l’elemento della soggettività si annulla quasi del tutto. Il campionamento fatto per singoli filari consente, inoltre, la migliore rappresentatività.

Nel caso il vigneto presentasse elevate difformità, sarà conveniente individuare filari o parti di essi utili a rappresentare l’elemento di variazione.

L’efficacia di questo metodo è legata al limitato coinvolgimento soggettivo dell’operatore, necessario per distinguere le differenze di condizioni fisiologiche e di maturazione, a livello d’interi filari e non di singoli acini, come invece accade col sistema più diffuso, dove la tendenza individuale di raccogliere secondo un determinato schema si ripete ad ogni distacco di acini.

Considerando, infine, l’esigenza di controllare il decorso della maturazione in vigneti tra loro a confronto, quindi dalle caratteristiche differenti, diviene ancora più necessario ridurre l’influenza dell’operatore, definendo a priori, dopo avere visitato il vigneto, che cosa raccogliere e in quale quantità. In ultimo, dovendo fare controlli ripetuti su più vigneti, la velocità del campionamento senza che ne sia ridotta la precisione acquisisce un valore fondamentale.

Edoardo Monticelli

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