GLI EFFETTI DEL SOLE SUI GRAPPOLI

I fattori influenti

Il sole può determinare sugli organi erbacei della vite alterazioni di varia entità, fino ad indurne la morte e il disseccamento dei tessuti. Gli effetti sono ovviamente legati all’elevata temperatura che, a seguito dell’irraggiamento diretto, raggiunge differenti soglie di danno sulle singole strutture colpite, in relazione alla resistenza dei tessuti.

Al fine di comprenderne le cause e i modi con cui possono verificarsi le alterazioni a livello dei grappoli e delle foglie, le variabili che paiono basilari sono due: la temperatura estiva, propria dell’andamento stagionale, e la sensibilità dei tessuti all’irraggiamento diretto. Al fine della comparsa dei primi segni di sofferenza, questi due fattori interagiscono tra loro.

Entro certi limiti, infatti, non è quantificabile la soglia di temperatura superata la quale compaiono le ustioni. Del resto, è altrettanto difficile stabilire il livello di resistenza dei tessuti.

Dalla semplice osservazione degli effetti, le perplessità che insorgono sono numerose.

Con maggiore frequenza si osservano i primi danni sugli organi più esposti, rivolti all’esterno del filare e meglio orientati. Non mancano tuttavia i casi in cui si notano alterazioni anche all’interno della massa di vegetazione, dove le singole parti dovrebbero avere avuto maggiore riparo. Definito il livello di temperatura, un elemento oggettivo stagionale riguarda la resistenza dei tessuti.

Vite spontanea e vite coltivata

La vite allo stato spontaneo, come del resto anche le altre piante arboree, cresce la propria vegetazione in modo progressivo e, passo dopo passo, si definisce un preciso ordine di disposizione delle strutture nell’ambito della chioma.

Oltre il più opportuno sfruttamento dello spazio, non accade mai che un organo già formato si trovi improvvisamente in una condizione di esposizione al sole differente dalla precedente e quindi sia soggetto ad un irraggiamento diverso. Pur non mancando, in questo caso, le possibilità che il sole danneggi i tessuti, gli effetti sono sicuramente più contenuti. I sintomi si presentano con una distribuzione regolare, di facile riconducibilità alla disposizione della vegetazione.

Nel caso della vite coltivata, invece, la disposizione della chioma non segue le stesse regole. L’allevamento in filare fa sì che i germogli crescano con abbondante vigoria e che costituiscano una massa molto fitta concentrata in un breve spazio. Le pratiche di coltivazione, infatti, contemplano il progressivo suo sfoltimento, effettuato con cimature, sfemminellature e sfogliature. Con più probabilità accade quindi che tessuti sviluppatisi al riparo dell’irraggiamento diretto si trovino improvvisamente sotto l’azione continua del sole. La comparsa dei primi danni diviene, come conseguenza, altrettanto rapida e uniformemente distribuita su tutta la vegetazione coinvolta.

Sfoltire la vegetazione, del resto, è una pratica importante, volta principalmente alla prevenzione delle malattie crittogamiche, evitando la formazione di microclimi, ad esse molto favorevoli, in prossimità degli organi suscettibili.

Il modello colturale

Una prima riflessione è riferita al metodo con cui può essere effettuata la potatura verde. Pur nell’esigenza di sfoltire progressivamente la chioma, è necessario tendere ad assecondare il più possibile i modelli di sviluppo che vi sarebbero allo stato spontaneo. Detti interventi non devono così essere svolti casualmente solo con il fine di una riduzione quantitativa della massa. Essi devono avere anche un’azione selettiva, in modo che siano eliminati con regolarità i nuovi getti eccezionalmente vigorosi e che i germogli primari con i grappoli siano costantemente nelle stesse condizioni d’insolazione.

Così facendo, i tessuti hanno modo di crescere progressivamente con il decorrere della stagione e quindi con l’aumento dell’azione del sole di piena estate. Ancor prima delle operazioni di potatura verde, acquisiscono importanza basilare le opere di corretto palizzamento dei germogli, affinché si trovino già fin dall’inizio, nella condizione migliore.

Tutte le restanti operazioni risulteranno anch’esse facilitate e più efficaci.

Tra gli elementi che concorrono ai maggiori danni, vi è poi anche il tipo di vigneto. Quelli meglio esposti, ma in particolare quelli che arrestano precocemente la crescita dei germogli per l’aridità dei suoli (versanti a reggipoggio) sono gli ambienti dove in talune annate si può giungere anche alla perdita del raccolto.

Con maggiore attenzione, in questi luoghi, devono essere seguite le operazioni di accomodamento e di selezione progressiva della vegetazione nel corso della stagione.

Per quanto concerne i grappoli, la loro disposizione sulla spalliera non è come sarebbe stata se la pianta avesse avuto la liberta di crescere. Essi, infatti, sono concentrati nella fascia bassa della spalliera, a contatto diretto l’uno con l’altro. La loro distribuzione più regolare rappresenta un primo importante elemento favorevole. La sfogliatura, poi, non dovrebbe essere di entità eccessiva, in modo che, nel corso della giornata, non tutte le ore siano di piena insolazione per le stesse parti del grappolo. Rade foglie nella zona dei frutti rappresentano, per questo, un valido aiuto.

Nei vigneti in cui si operi la pulizia o il diradamento dei frutti, è bene attendere il superamento dei giorni più caldi prima di procedere all’eliminazione delle parti danneggiate dei grappoli. Esse infatti hanno, fino a quel momento, rappresentato un riparo per le sottostanti.

Un ulteriore accorgimento, infine, non tuttavia adottabile in tutti i vigneti, consiste nel mantenere una buona copertura di erba. Pur ben rasato, il tappeto erboso possiede una certa azione indiretta sull’innalzamento di temperatura riferito a quel particolare sito. È infatti esperienza diffusa tra gli agricoltori che in questi vigneti i danni operati dal sole siano percentualmente più lievi.

Edoardo Monticelli

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